Revenue non vuol dire necessariamente occupazione

Spesso mi trovo in situazioni in cui la parola d’ordine e’ vendere. Non importa come e a chi ma l’importante e’ non ritrovarsi con camere vuote.

Questo perchè una camera non venduta oggi e’ comunque un costo quindi meglio incassare poco ma incassare comunque.

Supponendo che sia d’accordo con questa strategia volta al suicidio vendere al costo mi garantisce piena occupazione 365 giorni all’anno o mi diminuisce solo  l’adr mi aumenta in maniera ininfluente il revpar e mi aumenta i costi?

Questo modo di fare revenue non mi ha mai trovato d’accordo e grazie a Dio con il tempo mi sono resa conto a non essere l’unica ad andare controcorrente.

 

Partiamo da una considerazione: la mia clientela che valore attribuisce al mio albergo?

Data una base di 50 quanti credono che questo valore sia sottostimato, equo e sovrastimato?

La percentuale che trova questo valore sottostimato e’ il segmento della mia potenziale clientela su cui lavorare?

Ed il segmento di clientela che reputa il mio prezzo equo perchè non mi da piena occupazione?

Ed infine chi lo reputa sovrastimato e’ perchè  fa una mera comparazione con i miei competitors?

Rispondere a queste tre semplici domande non e’ facile ma e’ la base da cui partire.

Poi bisogna avere il coraggio di fare delle scelte e l’umiltà di cambiarle in corso d’opera se i numeri non ci danno ragione.

Ma se i numeri ci dicono che nonostante un decremento dell’occupazione il revpar aumenta (e i costi diminuiscono) vuol dire che sono sulla strada giusta.

Che c’e’ ancora tantissimo da fare ma che vendere per vendere continuo a farlo fare agli altri.